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Il Tarlo

Ritratto di Lady Pasticella
Inviato da Lady Pasticella il Mer, 21/01/2015 - 14:18
Il tarlo

“Quand’è che ho perso la mia libertà?” … Non riesco a ricordare dove ho letto questa frase… No, non era un libro che parlava della vita di un detenuto o di un sequestrato…Era piuttosto un testo che parlava di scelte… In questo periodo mi ritorna spesso in mente, come quando stai male e dormendo c’è qualcosa che ti tormenta il sonno più del dolore fisico… anzi è il dolore fisico stesso che si manifesta sotto forma di una frase, un motivo musicale, un pensiero che, come una litania si ripete continuamente fino a che non ti svegli… e corri subito in bagno a vomitarlo fuori… con i peperoni che avevi mangiato la sera prima a cena.
Com’è che, a un certo punto della vita, cominci a chiederti come sei arrivato al posto in cui ti trovi, al lavoro che fai, alla vita che vivi?…

E la domanda successiva che ti fai è: “Ma è qui che volevo arrivare? E’ questa la vita che volevo fare? In linea di massima, ti rispondi, sì, sono dove volevo essere… però poi ti rendi conto che quel “sì”, è uscito dalla tua bocca, ma la tua mente non ha partecipato con convinzione all’elaborazione della risposta e, poiché il tarlo ormai si è insinuato in te, cominci a fare il gioco delle slinding doors, cioè ad immaginare come sarebbe stata la tua vita se avessi deciso per quella cosa anziché che per quell’altra.
Il tarlo però non si ferma e continua a scavare e c’è un’altra domanda che fa emergere dal tuo profondo: ma quante volte le circostanze, il caso, il destino, i parenti, gli amici, mi hanno condizionato, forzato, consigliato, suggerito, indirizzato, verso scelte sagge, di buon senso, che ora però, tanto buono non sembra più? Ormai, comunque, è andata inesorabilmente persa la possibilità di vivere l’altra vita che, immagini logorandoti, sarebbe stata sicuramente migliore.

E sempre il tarlo, maledetto, ti fa andare così indietro, che ti rivedi bambino a fare cose che non ti piacevano ma che il parentato tutto ti implorava di fare, prima facendo leva sul tuo senso di colpa, poi sulla tua paura di ritorsioni. Ed eccomi là, a 5 anni, credo, con mia madre che mi costringe ad esibirmi davanti ad una schiera di zie e cugine, in una umiliante performance canora… oppure a 7 anni quando indosso occhiali tanto economici quanto brutti perché non ci si può permettere altro …
O ancora quando indosso, sotto minaccia, i vestiti smessi di mia sorella maggiore che non mi piacciono per niente. E’ pur vero che tutti subiamo imposizioni da piccoli… si chiama educazione… Il dramma vero è quando si continua a subirle da adulti… si chiama ragionevolezza… e il paradosso è che da bambini, rivendichiamo con più vigore il nostro diritto a scegliere e prima di dichiararci sconfitti, lottiamo senza esclusione di colpi: pianti, urla, finti collassi, digiuni, suppliche, promesse e giuramenti.

Da grandi, neanche ci accorgiamo della quotidiana, lenta emorragia che porta fuori dal nostro essere pensante, la possibilità di scelta libera. Da grandi non si sceglie, si vive… e la vita, pensandoci bene, è un dono che nessuno di noi ha richiesto… non siamo stati consultati. Ma tornando al maledetto, il tarlo intendo, scavando scavando, è arrivato all’angolo più buio del nostro neurone pensante che elabora la domanda finale: ma io, riuscirei a questo punto della mia vita, a mandare tutto a fare in c… e ricominciare daccapo, a rimettermi in cammino? Pensi… ripensi… e infine risolvi…
Perché mai dovrei mettermi in cammino? Sotto i miei piedi c’è un tappeto mobile che mi conduce senza fatica verso la meta… non so dire quando ci sono salita, ma adesso che ci sono sopra… mi guardo indietro e vedo che sono a metà… Tornare indietro? Andare in senso contrario alla marcia del tappeto, chiedendo permesso a una svariata umanità che l’affolla e che, nel migliore dei casi, mi compiange per la mia stoltezza?

Alla fatica di andare contro corrente, si aggiungerebbe quella di iniziare daccapo il percorso, procedendo sui miei piedi su un corridoio a lato del tappeto, guardando coloro che non hanno abbandonato il sentiero mobile, superarmi e allontanarsi e arrivare alla meta riposati, freschi e, sembra, anche contenti…
No … chi me lo fa fare… Troppo faticoso voler vivere la vita confidando solo sui propri piedi…
…Toh! E’ riapparso il tarlo e il maledetto insinua l’ennesimo amletico dubbio: ma quella di rimanere sul tappeto è una scelta realmente mia o mi sto facendo condizionare dalla “ragionevolezza”? Boh! Comunque, per ogni evenienza, mi premunisco di un paio di scarpe comode.