Doveva succedere ed è successo, come ogni anno dopo l'estate. L'anno scolastico è ufficialmente iniziato. La voglia di istruzione era, per la verità, nell'aria già da qualche giorno. La scorgevi nella corsa trafelata delle mamme alla ricerca dell'ultimo diario del personaggio giapponese con dei capelli da denuncia, che piace tanto ai maschietti o dell'intramontabile astuccio di Hello Kitty, un mito femminile da generazioni. Madri di famiglia intente alla ricerca tra gli scaffali dell'ipermercato, pronte a darsi battaglia a gomitate per accaparrarsi l'ultimo pezzo rimasto. A casa, la voglia di istruzione, veniva esternata dalle inaspettate dichiarazioni di mio figlio, il maggiore, del tipo "Non vedo l'ora di tornare a scuola". Davanti a tale affermazione un genitore perde i contatti con la realtà, vede il figlio di nove anni già laureato al MIT di Boston con un posto di vice presidente esecutivo alla Microsoft o da sviluppatore senior da Google. Ti viene voglia, dopo aver ascoltato quelle parole, di andare dal concessionario e comprargli la moto o la macchinetta sportiva, con sette-otto anni di anticipo, tanto per portarsi avanti il lavoro. Nella realtà però, quella voglia di cultura ed educazione scolastica esternata dal tuo pargolo è destinata, nell'arco di due settimane al massimo, a scontrarsi con l'incazzatura imperante che dovrai affrontare per costringere il figliolo a studiare sotto minaccia di punizioni corporali e sequestri di "Nintendi" e tablet vari. Ma il primo giorno di scuola va goduto così, come un evento isolato dai giorni a venire. Va assaporato negli occhi speranzosi dei nostri ragazzi e nella loro felicità di incontrare le maestre, che troppo spesso cambiano di anno in anno, e nei loro abbracci ai compagni di classe. Lo zaino è pronto, circa otto chili di cultura che curveranno le spalle di tuo figlio a meno che tu non sia disposto a pagare un ulteriore balzello per assicurarti lo zaino scolastico modello trolley. Sono quasi le otto, il traffico nei pressi del plesso scolastico impazzisce, c'è chi vorrebbe accompagnare il figliolo in classe con l'automobile, magari un SUV di due tonnellate preso in permuta per un rene. Anche chi abita a due isolati dalla scuola, prende l'auto per raggiungere la scuola, è la tradizione, il traffico ci deve essere, a tutti i costi e ognuno di noi può essere protagonista. Orde di bambini, figli di genitori avveduti o non motorizzati, affollano i marciapiedi. Sembra di essere al parcheggio dell'Aeroporto internazionale di Fiumicino, centinaia di trolley vengono trainati da bambini che invece di procedere verso il check-in o il gate per il volo AZ560 per Detroit, si affrettano a raggiungere il fatiscente edificio scolastico. Guardi la scena, ti prende un flash...sembra ieri che tuo figlio aveva nove anni è oggi già viaggia all'estero per lavoro, ti vedi già con il fazzoletto bianco da sventolare e gli occhiali scuri per coprire la lacrima, poi ti riprendi c'è ancora tempo, tuo figlio ha solo nove anni e sta solo andando a scuola. I "fortunati" del trolley si incrociano con quelli del partito dello zaino in spalla, che arrivano al traguardo già stanchi, affaticati e con l'occhio vitreo. Le loro schiene si curveranno presto, è il peso della cultura dirà qualcuno. Altrove, per dire, i loro coetanei hanno solo il cestino della merenda, la scuola gli fornisce il tablet con i libri di testo, interattivi come dovrebbe accadere nel 2015. In Italia no, le lobbies delle case editrici devono giustificare i prezzi esorbitanti dei libri con il prezzo della carta, degli inchiostri, della rilegatura. La politica, sempre attenta a far si che il nostro paese non diventi mai un paese moderno, dinamico e di facile vivibilità, si impegna a far si che tutto rimanga inalterato negli anni. L'economia gira, le case editrici guadagnano, gli ortopedici si arricchiscono, le multinazionali che marchiano zaini, diari e altri gadgets scadenti, prodotti in Cina per due piatti di riso, fanno affari d'oro. E' una metafora perfetta quel bambino con la schiena piegata dal peso delle scelte scellerate delle generazioni precedenti. Il fardello è tutto sulle loro spalle, sulle spalle di questi bambini che hanno la sola colpa di essere nati in questi tempi e nel paese sbagliato. Il rappresentante di classe dirama, ad un gruppetto di genitori, la "lista dei bisogni" per il nuovo anno scolastico. Carta igienica, cancelleria e la solita colletta da cinque euro che precede di poco il contributo volontario, ma obbligatorio, richiesto dall'istituto. Quest'anno i banchi per le nuove prime dovrebbero esserci, speriamo, altrimenti si pagherà la mensa a vuoto per un mese dato che il locale adibito all'attività mangereccia sarà temporanemente trasformato in aula scolastica. In una scuola a caso, tra tutte quelle dell'intero stivale, e tirata a lucido per l'occasione, il presidente del consiglio, il ministro della pubblica istruzione o forse l'anziano presidente in pompa magna, con il loro codazzo di auto blu e lampeggianti accesi, daranno il via al nuovo anno scolatico tra gli sbadigli dei ragazzi costretti a sorbirsi il solito anacronistico sermone che verrà trasmesso dai soliti TG serali. La campana suona, i bambini esultano e quasi travolgono i bidelli che aprono a fatica le porte a vetro. Un fiume di bambini si riversa all'interno dell'edificio, con la loro vitalità e con il loro bagaglio di speranze, che come troppo spesso accade in questo paese, verrano inevitabilmente deluse. Ma oggi è il primo giorno di scuola e va bene così, viva la scuola.
Buon anno scolastico a tutti voi
- Blog di Gianluca Gentili
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Commenti
Primo giorno di scuola
Troppo carino questo ironico primo giorno di scuola! Ma com'e vero!!!! Peccato per tutte le speranze disattese. Questi bambini meriterebbero ben altro di una classe politica così abbarbicata ai propri interessi. ...ma comunque. Buon anno scolastico a tutti!!!!
I bambini che piangono Il
I bambini che piangono Il primo giorno di scuola sono i piú svegli, quelli che immaginano gia quando porteranno il loro trolley su un volo in cerca di un paese migliore, dove non ė indispensabile conoscere qualcuno per avere aspettative lavorative gratificanti.