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Note e Vuoti di Memoria

Ritratto di Rosa Buonanno
Inviato da Rosa Buonanno il Gio, 06/10/2022 - 20:07
Note e Vuoti di Memoria

Durante le naturali “mute” che si succedono nelle varie stagioni della vita, nelle pieghe della pelle stropicciata che si lascia sul terreno, ci sono delle cose che, senza che ce ne accorgiamo, ci abbandonano. Molte, sono inutile fardello di cui si può fare a meno, anzi, probabilmente sono incompatibili con la nuova pelle che ci si ritrova ad abitare. Altre cose però, ce le terremmo volentieri. Tra le cose che io terrei volentieri ma che, mio malgrado, stanno progressivamente scivolando via, c’è la capacità di trattenere e ricordare riflessioni estemporanee, generate da cose viste, lette, o ascoltate che colpiscono la mia attenzione e accendono il mio senno.
Per me, i libri sono il preferenziale “input” cerebrale.

In gioventù, quando il mio ardore ormonale si manifestava sottoforma di citazioni letterarie estratte da letture su cui perdevo le già scarse diottrie, non facevo alcuno sforzo a ricordare ciò che le parole dei miei personaggi e autori preferiti suscitavano in me. Per ancorare più saldamente il ricordo alla memoria, intervenivo anche con la matita che, con sottolineature e note a margine, registrava l’approfondimento emotivo a cui una parola, un rigo o un passo letto, mi accompagnava.

Ora che il mio ardore ormonale fa fatica a manifestarsi sotto qualsiasi forma, la matita è rimasta l’unica arma per fissare l’illuminazione generata da una riga letta.
Rendere in “fisica” scrittura, la metafisica composizione emotiva, di per sé, dovrebbe essere esercizio efficace per trattenere l’immateriale essenza del pensiero ma, per quanto veloce possa scorrere la matita sul margine della pagina nel trascrive la riflessione che ha ispirato, appena chiudo il libro… puff… Tutto svanito.

La folgorazione, probabilmente appesantita dall’astrattezza intellettuale, affonda nel mare dei pensieri effimeri e leggeri che ogni giorno navigano nell’oceano cerebrale e, se non affonda, naufraga in qualche antro nascosto degli emisferi, perdendosi definitivamente senza lasciare traccia alcuna.
All’inizio, mi prendeva male tale naufragio. Mi sembrava che la labilità della memoria, l’incapacità a mantenere la riflessione prodotta dalla lettura di un libro, mi privasse di verità assolute, di dritte filosofiche che potevano migliorare la qualità della mia vita.

Mi sono opposta in ogni modo all’oblio delle dritte: prendendo appunti a parte, annotando la mia elaborazione su carta, segnando le pagine che mi avevano catturato di più, per poterle rileggere prima di chiudere il libro. Tutto inutile.
Inutile anche il mio annotare, perché di esso mi rimaneva ancor meno memoria. La spasmodica urgenza con cui annotavo i pensieri, rendeva la mia calligrafia pessima e dovevo faticare non poco per decifrarla e per far venire a galla l’elaborazione emotiva che imbrattava i margini dei miei testi sacri.

Delle volte, quand’anche riuscivo a venire a capo di quanto scritto, non ne riconoscevo la maternità, non ritrovavo “me”, in quei passi sottolineati e nelle note segnate.
Alla fine, mi sono arresa, arresa al tempo: niente posso per impedire la lenta emorragia di memoria “filosofica, niente per fermare l’accumulo di anni sul groppone che affatica i miei passi e i miei pensieri, niente per trattenere ciò che per natura è destinato a lasciarti.
Mollata la presa che mi ostinavo, con denti stretti, a tenere, mi sono sentita sollevata e liberata. Sì… la resa mi ha liberata.

Mi ha liberata dal tentativo insensato di trattenere nella mia mente, le parole che leggevo, per cercare significati “significativi” per me, che mi guidassero verso verità essenziali per vivere; mi ha liberato del filtro cerebrale che mi impediva di lasciarmi conquistare da quelle parole, di godere della immediata, e probabilmente effimera, evocazione sensoriale che trasmettevano e dai pensieri che mi ispiravano; mi ha liberata, in un senso più ampio e universale, dalla schiavitù dello “standard alto” che mi vuole sempre giovane, performante, infallibile, adeguata.

Insomma ora che sono libera, sono pronta… Pronta per la prossima muta.
Più che disperarmi per quello che perderò, cercherò di apprezzare quello che prenderò.
Non sono sicura che apprezzerò rughe, capelli bianchi, dolori articolari e scricchiolii ossei, ma per il resto… intendo le mie capacità di intendere e volere… sono curiosa di vedere dove vado a parare

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